Il raccoglimento interiore, prima, durante e dopo la Messa

di Don Dolindo Ruotolo
(da: Nei raggi della grandezza e della vita sacerdotale, Napoli, 1940, pp. 238 ss.)

I – E impossibile celebrare bene la Messa e gustarne le ineffabili dolcezze, senza la preparazione di un grande raccoglimento, remoto nell’unione costante dell’anima con Dio, e prossimo nell’appartarsi in perfetto silenzio da tutto quello che sa di terra. Non basta genuflettere per pochi momenti in sacrestia al piccolo genuflessorio e leggere le poche preghiere liturgiche tra la gente che va e viene e spesso ciarla; non basta neppure trattenersi pochi istanti dinanzi a Gesù: è necessario avere l’anima raccolta, divisa dal mondo, concentrata in Dio, compresa dei grande mistero che va a celebrare e gelosa dei momenti preziosi che precedono il Sacrificio Eucaristico.
Il Sacerdote non è mai tanto separato dal mondo quanto prima della Messa, durante la santissima azione e dopo; non appartiene alla terra, è tutto occupato in ciò che è di Dio, ed è tutto dedicato all’opera suprema della carità: pregare per gli uomini e far discendere sopra di loro una pioggia di benedizioni. Se si occupa di cose terrene, ne rimane macchiato e tradisce la sua grande missione. Anche quando per eccezione deve trattare con gli altri, ha estrema necessità di essere breve, di non perdere il silenzio interiore, e di spolverarsi, per così dire, di tutto ciò che lo ha distratto, dedicando un tempo più lungo alla preghiera.
Il raccoglimento dell’anima, infatti, è delicato quasi come gli organi respiratori: basta una corrente estranea alla vita interiore per produrre un’infreddatura. Una distrazione, una soverchia preoccupazione, un atto di curiosità, una parola inutile, può essere la corrente che produce il raffreddamento dell’anima e, diremmo, il catarro spirituale. Proprio come nell’infreddatura, si hanno allora le mancanze di gusto per il cibo celeste, le costipazioni dei respiro soprannaturale, le oppressioni, le penose espurgazioni e cento altre miserie.
Quando si sta tra due correnti d’aria, l’urto e lo sfregamento delle due masse produce elettricità, e questa, secondo gli scienziati, altera l’equilibrio dell’organismo. L’anima. che si pone tra le correnti del mondo, del demonio e della carne, prova subito uno disquilibrio morale, e sente difficoltà a respirare nella vita spirituale; le basta un solo spiraglio aperto sulle cose del mondo per prendere l’infreddamento, perché il mondo è sempre zona di tempesta e le sue correnti sono micidiali. Basta un raffreddamento nel fervore per produrre nel Sacerdote l’aridità nella celebrazione della Messa; basta una leggerezza per suscitare una passione, e la passione è sempre una febbre che estenua, anche quando è una semplice alterazione. Che cosa produce poi nel Sacerdote un atteggiamento dissipato, una conversazione oziosa, una lettura frivola, o un peccato di mormorazione? t incalcolabile il danno che ne viene al suo cuoreed il disorientamento del suo spirito nella Santa Messa. ( … )


II – Queste considerazioni, o Gesù mio, mi fanno nascere nel cuore un immenso desiderio di raccoglimento e dì silenzio ora che mi avvio all’Altare. Voglio dimenticare me stesso e tutto ciò che mi appartiene, voglio concentrarmi nel tuo Cuore divino ed in quello della Mamma mia Maria; voglio quasi liberarmi dai sensi ed avere lo sguardo a Dio solo.
Se mi interrogano, risponderò con un cenno o con pochissime parole; se credo di dover parlare, ne farò a meno e vincerò la tentazione di satana; voglio ammantarmi di silenzio e mettere il mio cuore in clausura perfetta, poiché non sono più della terra.
Vado a purificarmi le mani, sentendo il bisogno di lavarmi; lavarmi non solo le mani ma l’anima, come si lava l’occhio cisposo per snebbiarlo, giacché le mani servono a Dio solo, e devono levarsi a Lui nel gesto silenzioso della preghiera.
Metto sul capo l’amitto, quasi mettessi le bende per chiudere nel silenzio i pensieri importuni; indosso il camice e gli altri sacri paramenti, come per impedire alla mia vita di comunicare col mondo. Si rivestono di strati isolanti le cabine telefoniche, perché si ascolti meglio la voce lontana; ed io metto i sacri paramenti per isolarmi dal mondo ed ascoltare solo la voce di Dio.
Tace la natura, tacciono le passioni, è suggellato il cuore. La purezza del cuore è silenziosa come le bianche spianate coperte di neve; la castità è silenziosa, perché lega ogni movimento che turba l’equilibrio dei sensi. Il pianto e il dolore offerti a Dio nel mettermi il manipolo, danno all’anima il silenzio solenne dell’unione alla Divina Volontà. La stola suggella il cuore con una grande croce, perché i suoi palpiti siano solo per Dio. La pianeta è un manto di pace, è il giogo del Signore accettato dall’amore dell’anima ch’è silenziosa nell’accogliere ogni comando di Dio con pronta obbedienza.
Eccomi trasfigurato; sono come l’immagine viva del raccoglimento e del silenzio. Non ho le scarpe di feltro e il mantel bruno come il silenzio immaginato dal poeta: sono tutto candido, quasi colomba che spicca il volo nei cieli silenti. Ho gli occhi rivolti a Dio solo, non parlo neppure col cenno della mano; taccio, e m’avvio all’Altare in silenzio completo.