Perchè io valgo

Ho sempre pensato che lo spot dell’Oreal “perchè io valgo!” avesse qualcosa di luciferino.
La scelta di avere protagonisti quasi sempre femminili è strumentalmente geniale: chi mai potrebbe obiettare qualcosa in questi tempi di #metoo?
Notate come nel tempo quel “io” è mutato ed ora lo slogan è diventato il più ecumenico “perchè voi valete !” (cavalcando black live matters, gay pride, etc.)
Probabilmente si è fiutato il pericolo che quel “io” – usando modelle avvenenti e miliardarie – potesse risultare denigratorio nei confronti delle spettatrici sciatte e trascurate (non sia mai che “io valgo” venga percepito come premessa subliminale del “… e tu fai schifo”).
Ma i pubblicitari si sono resi conto di un’altra cosa.
Si sono accorti dell’incredibile potenzialità semantica del verbo «valere» applicato agli esseri umani.
In questo spot, riconoscere alla nostra esistenza un “valore” significa proiettare sulla dimensione collettiva un concetto di uguaglianza … nei confronti della modella.
Significa affermare che noi valiamo, non in senso lato, ma perché il prodotto ci rende identici alla testimonial passando dal ristretto e idealizzato mondo delle sfilate di moda alla realtà della dimensione quotidiana.
D’accordo, è banale, avete ragione.
Ma leggendo Berlicche (https://berlicche.wordpress.com/2020/11/11/trasporto-valori-uguaglianza/) mi è tornato in mente uno dei racconti de “Il brindisi di Berlicche” (di Clive S. Lewis) idealmente intitolato “Io valgo quanto te” colossale menzogna che, escludendo necessariamente l’umiltà, la carità, la moderazione e qualsiasi gusto della gratitudine e dell’ammirazione porta alla distruzione degli individui.
Basterebbe cambiare un solo segno per passare ad un livello realmente significativo.
“Perchè io valgo?”
Ciao
Brigante ricognitore